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il quindicesimo contributo

By 14 Aprile 2020Marzo 2nd, 2023Storie

14 Aprile, 2020

Quando mi hanno chiesto di scrivere un testo per raccontare questi giorni, così fluttuanti e innaturali, appartenenti a un tempo tutto sinistro, mai conosciuto prima, ho pensato a lungo a cosa potessi dire. Mi è sembrato riduttivo e limitante pensare di riuscire a rappresentare tutto questo soltanto con la mia sola voce. Così quello che segue è un testo di frammenti tagliati e cuciti da altri discorsi a cui ho preso parte in questi giorni con amiche e amici. È una sbobinatura polifonica. Tante voci che si mescolano, che tentano di dire e di spiegare, mentre si spiegano, da sole, nel mormorio virtuale di questi giorni:

— — ultimamente penso molto a questa cosa della distanza, ossessionata come sono dal discorso degli spazi. Nella lettera a M., scrivevo: “Adesso la distanza tra casa mia e casa di P. (500 m) è uguale alla distanza tra casa mia e quella di B. (300 km), e quella tra casa di B. e casa mia è uguale a quella tra casa mia e casa tua (1.218, 6km — ho visto su Google). Se tutto è irraggiungibile, allora io mi divento strada e percorso, divento cerniera, divento casa.” — — Ciao P.! Scusami se in questi mesi non ti ho scritto, ma la preparazione della partenza è stata turbolenta e ora che sono arrivata qui, tutto degenera. Io sto bene, per fortuna sono riuscita a vedere la città ed è stupenda, ora però sta succedendo come l’Italia. […] All’inizio ho avuto un attimo di panico pensando alla mia famiglia, poi mi sono detta resisti e che tornare in Italia adesso, oltre che impossibile, è molto rischioso. Quindi sono qui e provo a fare quello che posso dalla mia stanza in studentato 🙈 — — A me co/star oggi dice: find a new toy — — A volte vorrei girare un video infinito di una città che si racconti da sé. Ma le città, credo, si raccontano da sole soltanto nella vita reale. E pensa un po’, in questi giorni, sono proprio vere, sono proprio loro… Intanto la primavera è qui, nell’aria, un pulviscolo luminescente e noi forse non sappiamo che farcene. Ma lasciamola alle città, che la respirino loro. — — 

— — È una dura prova che sto cercando di affrontare, il tutto condito da questo periodo così strano e nuovo per tutti. […] Vorrei riuscire a ritornare su me stessa, tendo sempre a perdere il centro. Quando mi rintano con la musica, mentre provo a scrivere qualcosa, riesco a sentirmi un po’ meglio e mi sembra sempre di essere in un posto diverso: in riva al mare deserto alle otto di sera, in cucina di M., in una serra a Bruxelles, immobile a guardare gli uccelli imbalsamati alla Specola di Firenze, in un posto dove si sono riunite tutte le cose che ho perso nella vita — — io ho una voglia di limonare che boh — — Voglio inaugurare con te una piccola rubrichetta notturna, da Covid, visto che ancora non ho scelto cosa guardare e niente porno perché ho il ciclo […], il tema di stasera è: Quali sono i fallimenti della tua vita? Ne bastano tre, per non esagerare. — — Certo, il tempismo di questa quarantena ha ovviamente interrotto e accantonato tutta quella serie di cose, forse anche poco piacevoli, venute fuori le ultime volte che ci siamo sentite, eh? — — perché questa quarantena mi ha messo in uno stato di iper-sessualità — — Un verso stupendo che mi è rimasto nel cranio da quando l’ho letto e non riesco più a togliermelo dalla testa. Perché, ti dirai. Io credo che espungendo dal verso una particella grammaticale io riesca ad arrivare al senso di quello che sto vivendo. In questo gesto di appropriazione elimino il non: E ho chiesto d’essere / dove non arrivano le tempeste. 1 — — I VICINI CHE CI PROPONGONO DI FARE LE TIGELLE PER NOI A PASQUETTA VISTO CHE SIAMO SENZA I NOSTRI FAMIGLIARI SONO LA VITA VERA —— non sono mai stato un tipo da casa, ma soprattutto solitario, inizio a sentire il peso della solitudine, dello spazio che mi circonda, dello stress inutile del lavoro, mi sento perso in questa giornata piena di possibilità ma vuota — — Oggi mi ha scritto il dentista, carino, si è studiato il mio caso e mi ha mandato un sacco di articoli per farmi presente che se le mie gengive diventano delle mongolfiere è perché non mi funzionano le ovaie. Oggi non ho tempo di scrivere un racconto, perciò devo scriverlo qua per non dimenticarmelo. Non hai idea di quanto sia imbarazzante e sfiancante ogni volta che mi si infiamma o fa male o decide di non funzionare una parte a caso del mio corpo dover parlare delle mie ovaie che hanno soltanto una forma diversa. — — Perdere qualcosa, però, significa anche guadagnare la comprensione di questa perdita, di una certa assenza, di un’ingiustizia inflitta. Bisognerebbe ri-iniziare da qui. — —

1 – Verso di Gerard Manley Hopkins, da Joan Didion, L’anno del pensiero magico, Il saggiatore, 2008.

Testo: Pierpaolo Lippolis @pierpaololippolis 

Immagini: Amanda Ballerini, Annalena Biotti, Cristina Ruggiero, Cristina Falsone, Giada Maestra, Giovanni Pacienza, Giuseppe Della Monica, Matteo Strocchia, Sofia Callegaro, Valentina Dentello